Mi chiedo quanto sia sano svegliarsi alle 5,30 del mattino,
di sabato per giunta ed avere un unico pensiero nella mente un due ruote, sarà
l’immagine di una ragazzina impressami nella mente su di una Beta la mia prima
moto…che mi ha fatto aprire gli occhi, ed avere quello falle lucidità di
mettere sotto carica il cellulare perché altrimenti mi sarebbe mancata la
musica.
Si avevo deciso nel momento stesso in cui i miei occhi
avevano visto la luce dell’alba che sarei andata, l’avrei presa, lei mi
aspettava già da un po’ in garage.
Ma questa volta non è il motore il cavallo che da la spinta
al mio desiderio, ma le mie gambe, doloranti non sempre ben funzionanti,
tendenti ad una “rottamazione” imminente, che per il momento mi accompagnano
fedeli nei miei giri, fatti di salite lunghe, dure dove il caldo dell’asfalto toglie il respiro, a volte ho come la
sensazione d’averlo lasciato a casa.
Una lunga apnea, sotto
il sole che lentamente ti cuoce, o da quelle discese ripide dove sono obbligata
a scansare i detriti, ed in quei momenti in cui io ho paura di bucare nella
migliore dell’ipotesi o peggiore a seconda dei punti di vista.
Mi rigiro nel letto nell’attesa che il cellulare si carichi
calcolo una mezz’ora di relax ancora, ma non avevo calcolato, che sarebbe stato
staccato da lì a breve, per cui mi
abbandono in lunghe riflessioni e calcoli, non avendo un altro caricabatteria e
disponendone solo di uno avrei dovuto aspettare solo un po’ più del tempo da me
stabilito, così l’avrei potuto nuovamente usare.
Vedo il suo volto disteso e mi riaddormento, per poi
risvegliarmi alle 6,30 vado di ora in ora, a volte sono la miglior sveglia, e
con ancora forte il desiderio di due ruote, mi alzo e cerco di imitare il passo
felpato della peste di casa, la sgranocchiatrice di alluci Aio, gattina di
circa un anno, adorabile solo quando dorme.
Riesco a mettere il mio cellulare in carica, mi basta poco
tutto sommato, quindi ho il tempo di farmi anche un pessimo caffè e dar da
mangiare alla signora di casa, Sia cane adorabile sempre rispetto alla peste.
Ed eccola un po’ impolverata, la prendo e la porto fuori dal
garage, finalmente in sella, direzione il lago di Lucrino, non fa ancora
caldissimo, l’aria è fresca da Pozzuoli tutto sommato non è difficile arrivare alla meta, berretto ben
sistemato e si va, le prime pedalate sono di rodaggio sia per riscaldare i
muscoli delle gambe che per fare un veloce controllo delle ruote e freni e cambio, sembra essere tutto nella
norma, anche il cambio che funziona male.
Come inizio non è dei migliori il camion della spazzatura mi
blocca il passaggio, non è piacevole
trovarsi dietro e respirare, ma comm’ si fa, chest’ è ciort’, cerco di
trattenere il respiro, ed attendo il momento buono per superarlo, giusto per un
pelo riesco a salire sul marciapiede scansare il pescivendolo con tanto di
cassetta di alici, di solito non mi lancio mai in operazione che su questo
mezzo nuovo la bici, mi risultano essere
complicate, credo d’avere un serio problema d’equilibrio, ridiscendo e sento alle mi spalle le sue
imprecazioni, faccio l’indifferente e pedalo con più forza per distanziare sia
il pescivendolo incazzato che il camion della spazzatura.
Il berretto direziona la mia visuale, bassa mi concentro
sull’asfalto per evitare dossi, fossi e le macchine, mantenendo un andatura
costante e litigando di tanto in tanto con il cambio, le pedalate a vuoto sono
davvero fastidiose che sia rettilineo o salita.
Lo scenario è sempre uguale, divago nei pensieri e nei
ricordi, tuffi continui tra presente e passato, fin quando non sono rapita da
lui, l’uomo ombrellone, sono arrivata al lago quasi per incanto.
Ma cos’è esattamente, una pancia enorme in una perfetta
curva di 45° riparata da canotta bianca, seduto su di una sedia di plastica che
sembra cedere da un momento all’altro sotto quell’enorme mole, le gambe che
rispetto a tanta abbondanza sembrano esili, le braccia bianchissime e lunghe reggono una canna da pesca.
Ma dov’è il volto di quest’uomo, dov’è la sua testa, mica è
sul serio l’ombrellone, no, non ci credo esiste per davvero, gli sono passata
così vicino e l’unica cosa che ho continuato a vedere pur avendo cambiato
prospettiva era l’ombrellone…figo!!!
Il lago è un luogo magico, fatto da strane creature, alcune
pescano altre corrono, altre con grande machete abbattono le canne di bambù,
peccato che poi dopo lo lascino incustodito, la dalla lunga e ricurva lama, stesa in attesa d'essere utilizza lì proprio davanti a me per terra, ovviamente l’ho
vista troppo tardi inutile tentare qualsiasi manovra, d'istinto ho chiuso gli occhio, ho sentito la superfice lisce e scivolosola sotto le mie rute, ho scodato perso circa qualche anno di vita, rischiando di cadere…ma qualcuno lassù mi vuole un gran bene, e meno male che lui c'è !!!