sabato 20 luglio 2013

La mia nuova compagna


Mi chiedo quanto sia sano svegliarsi alle 5,30 del mattino, di sabato per giunta ed avere un unico pensiero nella mente un due ruote, sarà l’immagine di una ragazzina impressami nella mente su di una Beta la mia prima moto…che mi ha fatto aprire gli occhi, ed avere quello falle lucidità di mettere sotto carica il cellulare perché altrimenti mi sarebbe mancata la musica.
Si avevo deciso nel momento stesso in cui i miei occhi avevano visto la luce dell’alba che sarei andata, l’avrei presa, lei mi aspettava già da un po’ in garage.

Ma questa volta non è il motore il cavallo che da la spinta al mio desiderio, ma le mie gambe, doloranti non sempre ben funzionanti, tendenti ad una “rottamazione” imminente, che per il momento mi accompagnano fedeli nei miei giri, fatti di salite lunghe, dure dove il caldo dell’asfalto  toglie il respiro, a volte ho come la sensazione d’averlo lasciato a casa.
 Una lunga apnea, sotto il sole che lentamente ti cuoce, o da quelle discese ripide dove sono obbligata a scansare i detriti, ed in quei momenti in cui io ho paura di bucare nella migliore dell’ipotesi o peggiore a seconda dei punti di vista. 

Mi rigiro nel letto nell’attesa che il cellulare si carichi calcolo una mezz’ora di relax ancora, ma non avevo calcolato, che sarebbe stato staccato da lì  a breve, per cui mi abbandono in lunghe riflessioni e calcoli, non avendo un altro caricabatteria e disponendone solo di uno avrei dovuto aspettare solo un po’ più del tempo da me stabilito, così l’avrei potuto nuovamente usare.
Vedo il suo volto disteso e mi riaddormento, per poi risvegliarmi alle 6,30 vado di ora in ora, a volte sono la miglior sveglia, e con ancora forte il desiderio di due ruote, mi alzo e cerco di imitare il passo felpato della peste di casa, la sgranocchiatrice di alluci Aio, gattina di circa un anno, adorabile solo quando dorme.

Riesco a mettere il mio cellulare in carica, mi basta poco tutto sommato, quindi ho il tempo di farmi anche un pessimo caffè e dar da mangiare alla signora di casa, Sia cane adorabile sempre rispetto alla peste.
Ed eccola un po’ impolverata, la prendo e la porto fuori dal garage, finalmente in sella, direzione il lago di Lucrino, non fa ancora caldissimo, l’aria è fresca da Pozzuoli tutto sommato non  è difficile arrivare alla meta, berretto ben sistemato e si va, le prime pedalate sono di rodaggio sia per riscaldare i muscoli delle gambe che per fare un veloce controllo delle ruote e  freni e cambio, sembra essere tutto nella norma, anche il cambio che funziona male.

Come inizio non è dei migliori il camion della spazzatura mi blocca il passaggio, non  è piacevole trovarsi dietro e respirare, ma comm’ si fa, chest’ è ciort’, cerco di trattenere il respiro, ed attendo il momento buono per superarlo, giusto per un pelo riesco a salire sul marciapiede scansare il pescivendolo con tanto di cassetta di alici, di solito non mi lancio mai in operazione che su questo mezzo nuovo  la bici, mi risultano essere complicate, credo d’avere un serio problema d’equilibrio,  ridiscendo e sento alle mi spalle le sue imprecazioni, faccio l’indifferente e pedalo con più forza per distanziare sia il pescivendolo incazzato che il camion della spazzatura.

Il berretto direziona la mia visuale, bassa mi concentro sull’asfalto per evitare dossi, fossi e le macchine, mantenendo un andatura costante e litigando di tanto in tanto con il cambio, le pedalate a vuoto sono davvero fastidiose che sia rettilineo o salita.
Lo scenario è sempre uguale, divago nei pensieri e nei ricordi, tuffi continui tra presente e passato, fin quando non sono rapita da lui, l’uomo ombrellone, sono arrivata al lago quasi per incanto.

Ma cos’è esattamente, una pancia enorme in una perfetta curva di 45° riparata da canotta bianca, seduto su di una sedia di plastica che sembra cedere da un momento all’altro sotto quell’enorme mole, le gambe che rispetto a tanta abbondanza sembrano esili, le braccia bianchissime  e lunghe reggono una canna da pesca.
Ma dov’è il volto di quest’uomo, dov’è la sua testa, mica è sul serio l’ombrellone, no, non ci credo esiste per davvero, gli sono passata così vicino e l’unica cosa che ho continuato a vedere pur avendo cambiato prospettiva era l’ombrellone…figo!!!

Il lago è un luogo magico, fatto da strane creature, alcune pescano altre corrono, altre con grande machete abbattono le canne di bambù, peccato che poi dopo lo lascino incustodito, la dalla lunga e ricurva lama, stesa in attesa d'essere utilizza lì proprio davanti a me per terra, ovviamente l’ho vista troppo tardi  inutile tentare qualsiasi manovra, d'istinto ho chiuso gli occhio, ho sentito la superfice lisce e scivolosola sotto le mie rute, ho scodato perso circa qualche anno di vita, rischiando di cadere…ma qualcuno lassù mi vuole un gran bene, e meno male che lui c'è !!!